CORRIERE DELLA SERA
17 MAGGIO 2007
Esperimento condotto in usa su cavie animali
I geni che rigenerano la pelle
Sono i geni wnt. La scoperta apre interessanti scenari per la medicina e solletica anche le speranze dei calvi
Gabriele De Palma
PHILADELPHIA (USA) Gli esperimenti condotti su cavie dai ricercatori della Pennsylvania School of Medicine di Philadelphia hanno individuato una famiglia di geni, la «wnt», come la responsabile della rigenerazione dellepidermide. La scoperta è importante più per gli sviluppi più immediati che per quelli futuri. Anche se dei risultati pubblicati su nature sembra interessare maggiormente la parte meno sicura, quella che riguarda il possibile potere degli stessi geni di stimolare la ricrescita dei capelli, o meglio dei follicoli piliferi. Ci conferma la parziale mistificazione il professor Marcello Monti, ordinario alluniversità di Milano: «Il taglio con cui è stata data le notizia è tirato per i capelli, come si suol dire. La parte più importante della ricerca è laver individuato nella famiglia wnt geni che hanno la capacità di dare istruzioni alle cellule i fattori determinanti per la rigenerazione della pelle».
LESPERIMENTO I ricercatori hanno confrontato il processo di ricostruzione della pelle delle cavie dopo averne asportato una piccola parte. I piccoli roditori erano divisi in due categorie, alcuni erano stati modificati in modo che producessero più proteine codificate dai geni wnt, gli altri erano come natura crea. Le cavie manipolate hanno reagito meglio e la loro pelle si è rigenerata più velocemente e con una maggiore concentrazione di follicoli piliferi. I ricercatori hanno quindi dedotto che le proteine codificate dai geni wnt hanno il potere di rigenerare la cute, compresi i follicoli. Se per lo sviluppo di soluzioni per la cicatrizzazione e la rinascita dellepidermide è decisamente una buona notizia, lo è un po meno per la ricrescita dei capelli. «I topi sono animali da pelliccia ammonisce Monti non è così scontato né corretto equiparare lattività pilifera di un animale da pelliccia con quella umana. In passato si sono già verificati errori di questo genere e diversi studi condotti sui topi non sono stati confermati sugli esseri umani».
NESSUNA POZIONE IN ARRIVO Nonostante i progressi che questa scoperta abiliterà, la via della ricerca è ancora lunga prima che si possa giungere a un qualsiasi prodotto o terapia per gli esseri umani. I primi risultati dovrebbero venire comunque nellambito delle terapie per la ricostruzione della pelle, il che non è certo poca cosa e ha un grado durgenza maggiore (basti pensare alle ustioni, o alle cicatrici post-operatorie) della calvizie.
Animalieanimali
18 MAGGIO 2007
LondraVia libera a embrioni-chimera per ricerca
Il governo britannico ha deciso di dare il via libera alla creazione di embrioni-chimera a scopo di ricerca. L'utilizzo di tali embrioni, composti per il 99,9% da materiale genetico umano e per lo 0,1% di materiale animale, sara' tuttavia permesso soltanto per le ricerche su gravi malattie e l'autorizzazione sara' concessa unicamente caso per caso.Il progetto di legge permette di ottenere in laboratorio embrioni umani utilizzando una o piu' cellule animali. I veri ibridi uomo-animale, creati dalla fusione di spermatozoi e ovociti, restano illegali.La scelta di usare ovuli animali, e' stato detto, e' nata dalla scarsita' di ovuli umani residui dai trattamenti di fertilizzazione in vitro. Da questi embrioni verrebbero tratte le cellule staminali che potrebbero curare gravi malattie, come l'Alzheimer e il morbo di Parkinson.(ANSA)
MOLECULARLAB
18 MAGGIO 2007
Scoperte proteine che fanno rinascere i peli
Sono prodotte per riparare lesioni cutanee e inducono la produzione di staminali follicolari che generano nuovi follicoli piliferi
Dall'Università della Pennsylvania arriva la scoperta di alcune proteine che fanno ricrescere i bulbi piliferi. Si tratta di proteine naturali che stimolano la guarigione delle lesioni cutanee. Il gruppo di ricerca autore dello studio guidato da George Cotsarelis ha scoperto che queste proteine sono in grado di rigenerare i follicoli piliferi nei topi adulti cioè nell'età in cui si riteneva impossibile la nascita di nuovi follicoli. Queste notizie fanno sperare chi soffre di calvizie ma per ora questo potere è stato dimostrato solo su topi di laboratorio. Le proteine scoperte, chiamate Wnt, collaborano durante lo sviluppo del follicolo pilifero nello stato embrionale e lo studio ha dimostrato che la pelle, se lesionata, può ritornare al suo stato embrionale e ricominciare a produrre peli grazie all'intervento di queste proteine.Gli scienziati hanno provocato delle lesioni di circa 2 cm quadrati sul dorso dei topi e poi hanno osservato il normale processo di guarigione. Dopo alcuni giorni, al centro dell'area lesionata, apparivano dei peli del tutto nuovi dal punto di vista molecolare. Se si esponeva la ferita alle proteine Wnt, questa crescita veniva aumentata o rallentata. Al centro di questo processo rigenerativo, vi è l'azione delle proteine Wnt che inducono la produzione di cellule staminali follicolari che migrano verso la ferita dove riescono a generare nuovi follicoli. Bloccando invece l'azione delle proteine si causava un'interruzione della nascita del bulbo. Dopo aver ottenuto la nascita di nuovi follicoli, i ricercatori hanno aumentato la concentrazione di proteine Wnt e, in questo modo, hanno osservato la nascita di un numero quasi doppio di bulbi. Secondo gli scienziati le proprietà rigenerative della pelle non erano mai state scoperte forse perché suture e bendaggi usate per curare ferite, ostacolano la naturale ricrescita del pelo.Questa scoperta è importante, oltre che per eventuali risvolti medici, è importante perchè abbatte un fondamento della biologia secondo cui i mammiferi non possiedono grandi poteri rigenerativi al contrario di altre classi di animali come gli anfibi. Il follicolo pilifero dei mammiferi è una specie di "mini-organo" che si sviluppa a livello embrionale e finora si pensava che la sua perdita nell'età adulta fosse una condizione irreversibile. Questa scoperta però cambia tutto. Cotsarelis spiega: "la ferita può riaprire una 'finestra embrionale' di opportunità per l'organismo adulto in cui le cellule staminali si comportano come durante lo sviluppo embrionale e rigenerano i follicoli piliferi."Inoltre gli scienziati che hanno lavorato a questo studio, hanno osservato che aumentando la quantità delle proteine Wnt è possibile facilitare la guarigione della ferita senza che si formino cicatrici e stimolare la formazione di nuove ghiandole sebacee e follicoli piliferi. Se si riuscisse a comprendere a pieno i meccanismi che regolano questo processo, in futuro potrebbe essere possibile risolvere problemi come le calvizie ma anche altri disordini come tra cui lirsutismo.George Cotsarelis è anche un consulente scientifico della società Follica Inc. a cui lUniversità della Pennsylvania ha già venduto in esclusiva la tecnica basata sulle nuove scoperte. I risultati di questo studio sono pubblicati su Nature.
MOLECULARLAB
18 MAGGIO 2007
Settimana Nazionale della sclerosi multipla: inaugurato un centro di ricerca
Ha sede a Napoli il Centro di Ricerca in Alti Studi in Risonanza Magnetica sulla sclerosi multipla e patologie similari
L'AISM (Associazione italiana sclerosi multipla) ha organizzato dal 12 al 20 maggio l'ottava edizione della "Settimana Nazionale della Sclerosi Multipla" grazie anche al sostegno del Gruppo Ferrovie dello Stato. Si tratta di una serie di eventi che si svolgeranno a livello locale e nazionale: convegni e iniziative per la raccolta di fondi a sostegno della ricerca con l'obiettivo di informare e sensibilizzare i cittadini. La sclerosi multipla è una malattia molto grave del sistema nervoso centrale che colpisce giovani tra i 20 e i 30 anni e colpisce le donne con un rapporto di due a uno rispetto agli uomini. E' una malattia cronica e invalidante per la quale non esistono ancora cure e, nonostante i progressi della scienza, non se ne conoscono ancora le cause. Solo in Italia, ogni quattro ore, una persona riceve la diagnosi di sclerosi multipla.Tra le molte iniziative in programma vi è l'inaugurazione a Napoli del Centro di Ricerca in Alti Studi in Risonanza Magnetica sulla sclerosi multipla e patologie similari realizzato dalla Seconda Università di Napoli (Sun) e con i finanziamenti di FISM (Fondazione italiana sclerosi multipla) che ha stanziato per la realizzazione del progetto 2 milioni di euro. Il centro sarà il punto di riferimento per la ricerca dei Centri clinici neurologici del Sud Italia. La struttura ospita un'apparecchiatura per la risonanza magnetica all'avanguardia e un team che consentirà il progresso delle metodologie per la diagnosi, l'approfondimento dei meccanismi della patologia e la ricerca di nuove terapie efficaci. Rita Levi Montalcini, presidente onorario di AISM e FISM, ha dichiarato: ''La realizzazione di questo Centro è un contributo importante per ottenere risultati eccellenti nel campo della ricerca scientifica. La possibilità di fare ricerca all'interno di una struttura di altissimo livello come questa rappresenta il modo migliore per incentivare i nostri ricercatori a continuare i loro studi in Italia e per far rientrare tutti quelli che attualmente lavorano all'estero. La ricerca sulla sclerosi multipla ha bisogno di fondi, di cervelli dedicati, di gruppi di ricerca, di giovani impegnati ai quali dobbiamo garantire il diritto di dedicarsi alla ricerca scientifica con la certezza di essere adeguatamente supportati. E questo la Fism lo garantisce''. Grande soddisfazione anche da parte del professor Mario Alberto Battaglia, presidente della FISM: "L'apertura di questo Centro di eccellenza rappresenta un importante traguardo raggiunto dalla nostra Fondazione ed è uno dei progetti di punta del nostro programma di finanziamenti per la ricerca sulla sclerosi multipla". Oltre al finanziamento della FISM, il principale contributo ai finanziamenti per il Centro è arrivato dalla Compagnia di San Paolo. Anche l'associazione "Trenta ore per la vita" e "Neurologia '89" hanno dato il loro sostegno. Il Centro inaugurato è temporaneamente ospitato presso l'Istituto di diagnosi e cura Hermitage Capodimonte in attesa che vengano terminati i lavori presso la Seconda Università di Napoli, nello storico complesso di Sant'Andrea delle Dame. Nel Corso dell'evento è stato consegnato un premio a Stefano Pluchino, giovane ricercatore presso il San Raffaele di Milano che si è distinto negli studi sulla sclerosi multipla.Altra importante iniziativa della "Settimana Nazionale della Sclerosi Multipla" è un convegno nazionale dedicato alla ricerca durante il quale saranno illustrati tutti i risultati raggiunti negli ultimi anni da FISM e AISM. Durante tutta la settimana sarà anche potenziato il servizio del numero verde dell'AISM 800 80 30 28 raggiungibile dalle ore 8 alle 22, per dare tutte le informazioni necessarie ai cittadini. Inoltre verrà dato il via alla campagna di raccolta fondi "Un minuto alla ricerca" ideata dalla Saatchi & Saatchi: sul sito internet http://www.unminutoallaricerca.it si potranno acquistare "minuti" per sostenere la ricerca scientifica sulla sclerosi multipla. Dal 10 maggio all'8 giugno si potrà sostenere la ricerca anche inviando un sms al numero 48548 da cellulari TIM, Vodafone, Wind e 3 o chiamando lo stesso numero da rete fissa di Telecom Italia in questo modo sarà possibile donare due euro.
MOLECULARLAB
18 MAGGIO 2007
Ricercatori gettano nuova luce sulla toxoplasmosi
Un'équipe di ricercatori britannici e svizzeri ha scoperto il modo in cui il parassita responsabile della toxoplasmosi invade le cellule umane. I risultati del loro studio, riportati nell'ultima edizione della rivista «EMBO», potrebbero spianare la strada a nuove strategie terapeutiche di lotta contro questa patologia.La toxoplasmosi è causata da un protozoo parassita, il Toxoplasma gondii, ed è una malattia trasmessa principalmente dai gatti e da altre specie di mammiferi. L'uomo può contrarla mangiando carne infetta non cotta, in particolare di agnello e di maiale, o attraverso il contatto con le feci dei gatti. L'organismo può essere presente anche in alcuni latticini non pastorizzati, quali il formaggio di capra, e trovarsi persino nel suolo.Sebbene, probabilmente, l'incidenza della toxoplasmosi nell'uomo non sia cambiata in misura significativa nel corso degli anni, la sensibilizzazione e le preoccupazioni su questa malattia sono aumentate. È stato stimato che circa il 50% della popolazione umana del mondo sia stata infettata dal toxoplasma e ospiti la forma cistica clinicamente non evidente. Non esiste tuttora un vaccino per prevenire l'infezione da toxoplasma o la toxoplasmosi nei gatti, negli esseri umani o in altre specie. Il rischio di infezione è motivo di preoccupazione per le donne in stato di gravidanza, dal momento che la malattia può provocare difetti nei neonatii. Nelle persone che hanno un sistema immunitario indebolito, come i pazienti affetti dall'HIV, la malattia può essere all'origine di una varietà di sintomi, tra cui ingrossamento dei linfonodi, disturbi visivi e del sistema nervoso centrale, malattie respiratorie e cardiopatie. In questi pazienti, le recidive della malattia sono comuni e il tasso di mortalità è elevato.Alcuni ricercatori dell'Imperial College di Londra e dell'Università di Ginevra hanno raccolto nuove informazioni sulla struttura atomica di una proteina chiave, chiamata TgMIC1, che viene rilasciata sulla superficie del parassita un attimo prima che questo invada le cellule ospiti nel corpo umano. È una delle prime proteine dei micronemi (MIC) ad essere stata scoperta nel T. gondii, e funziona nell'adesione delle cellule. Recenti studi hanno dimostrato che un subcomplesso TgMIC1 purificato è un potente antigene e agisce da efficace vaccino nel modello murino.I ricercatori hanno scoperto che la proteina si lega a taluni zuccheri presenti sulla superficie della cellula ospite, che aiutano il parassita ad inserirsi e a penetrare nelle cellule umane. Utilizzando un innovativo microarray a carboidrati, sono stati in grado di individuare per la prima volta gli zuccheri con i quali si lega la proteina del parassita. Grazie alla combinazione della spettroscopia NMR e di studi citologici, i ricercatori hanno potuto caratterizzare il comportamento e le interazioni tra la proteina del parassita e gli zuccheri della cellula ospite.Ciò ha fornito un'immagine dettagliata, ormai necessaria, di come il Toxoplasma gondii attacchi il suo ospite. «Comprendere i dettagli a livello atomico del modo in cui patologie come la toxoplasmosi individuano e invadono le cellule ospiti nel corpo umano è cruciale se vogliamo combatterle efficacemente», ha dichiarato Steve Matthews, docente della Divisione di bioscienze molecolari dell'Imperial College di Londra e coautore della relazione.«Ora sappiamo che l'invasione della cellula è favorita da un'interazione chiave fra una proteina presente sulla superficie del parassita e gli zuccheri contenuti nella cellula umana, perciò possiamo sviluppare terapie che siano mirate a distruggere questo meccanismo, ostacolando così l'insorgere dell'infezione», ha aggiunto.
MOLECULARLAB
18 MAGGIO 2007
Nuovo studio mostra come il cervello si adatta all'esposizione alla nicotina
Alcuni ricercatori europei hanno gettato nuova luce sul modo in cui il cervello si adatta a lunghi periodi di esposizione alla nicotina e su come esso reagisce in mancanza di tale sostanza.Il lavoro, che ha riunito ricercatori del Centro nazionale francese per la ricerca scientifica (CNRS) e dell'Istituto svedese Karolinska, è stato pubblicato on line sulla rivista «Proceedings of the National Academy of Sciences» (PNAS).La nicotina causa dipendenza quando interferisce con i centri della ricompensa legandosi ai recettori dell'acetilcolina nicotinica. Questi recettori sono costituiti da cinque sottounità, le quali sono suddivise in 10 tipi. Tutti i recettori vengono attivati dal neurotrasmettitore acetilcolina, come pure dalla nicotina. Tuttavia, questi diversi tipi di recettori potrebbero avere funzioni fisiologiche diverse e quindi rappresentare bersagli farmacologici distinti.Lo scorso anno i ricercatori del CNRS hanno dimostrato che la sottounità beta2 e probabilmente anche la sottounità alpha7 sono coinvolte nell'attivazione del sistema di ricompensa del cervello in seguito alla somministrazione di una forte dose di nicotina. Con quest'ultima ricerca gli scienziati intendevano scoprire come i recettori si comportavano quando venivano esposti alla nicotina a lungo termine. Nell'arco di varie settimane è stata somministrata nicotina ad alcuni topi, in modo che i livelli della sostanza nel plasma sanguigno raggiungessero approssimativamente quelli riscontrati nei fumatori e in quantità sufficienti da provocare i sintomi dell'astinenza.Raffrontando i topi normali con i topi che non presentavano il recettore beta2, i ricercatori hanno scoperto che i recettori beta2 e alpha7 agsicono per mantenere un equilibrio quando il cervello è esposto alla nicotina per molto tempo. D'altro canto, se esposti alla nicotina, i recettori beta2 vengono desensibilizzati e diventano inattivi. Questo però viene controbilanciato da un adattamento dei circuiti neuronali con i recettori alpha7.«In sintesi, i dati ottenuti nei topi dimostrano la presenza di un equilibrio funzionale tra i sottotipi di recettori nicotinici che può presentarsi anche nei fumatori esposti alla nicotina», scrivono i ricercatori. I risultati della ricerca portano a concludere che i ricercatori che sviluppano farmaci per aiutare i fumatori a smettere di fumare dovranno tenere conto di entrambi i tipi di recettori.I risultati sono anche rilevanti per le malattie che coinvolgono i recettori nicotinici. «Questo è il caso della schizofrenia», ha spiegato Philippe Faure del CNRS, coautore della relazione. «Le persone che sono state curate a causa di questa malattia fumano molto di più rispetto al resto della popolazione e alcune di esse credono che il fumo potrebbe essere una forma di automedicazione. Questo fenomeno potrebbe essere dovuto all'azione di un meccanismo di compensazione collegato ai recettori alpha7».Altre malattie che colpiscono i recettori nicotinici comprendono il morbo di Alzheimer, il disturbo da deficit dell'attenzione con iperattività (ADHD) e l'autismo. «Queste malattie rappresentano target eccezionali per le azioni croniche dei nuovi farmaci nicotinici», hanno concluso i ricercatori.
GALILEO
18 MAGGIO 2007
Anche le femmine uccidono
Linfanticidio non è una prerogativa maschile. Ma un mezzo per salvaguardare la disponibilità di risorse alimentari. Uno studio scozzese
Finora era stato considerato un comportamento patologico, cioè legato a un disturbo mentale. E soprattutto, esibito quasi esclusivamente dagli individui di sesso maschile. In realtà linfanticidio diffuso in diverse specie di primati, tra cui quella umana sembra avere una spiegazione diversa, almeno tra gli scimpanzé allo stato selvatico. Uccidere i piccoli delle femmine rivali, hanno dimostrato Simon Townsend, Katie Slocombe dellUniversità scozzese di St. Andrews, insieme al Budongo Forest Project, in Uganda, non è un atto inconsulto di qualche maschio impazzito. E invece una strategia freddamente calcolata, messa in atto dalle femmine, per ridurre gli effetti della sovrappopolazione. La ricerca, i cui risultati sono stati pubblicati il 15 maggio su Current Biology, è stata condotta sulla comunità Sonso, nella foresta di Budongo. Nel corso delle osservazioni dei diversi esemplari, gli studiosi hanno notato tre infanticidi messi in atto da femmine. In due casi, lattacco era stato perpetrato da alcune femmine della comunità nei confronti di femmine estranee, cioè non appartenenti allo stesso gruppo. I piccoli erano stati strappati alle madri, ferite nel corso dellaggressione, e uccisi. In almeno un caso, sottolineano i ricercatori, i maschi presenti alla scena avevano cercato di fermare, senza successo, le femmine responsabili dellattacco. Non di comportamenti patologici isolati, dunque, si tratterebbe, né di un sottoprodotto dellaggressività maschile. Bensì ipotizzano gli scozzesi di una parte integrante del comportamento femminile in questa specie, risultato della pressione demografica, e dunque figlio della competizione per salvaguardare le risorse alimentari. In effetti, la comunità di Sonso aveva registrato un significativo incremento della popolazione nei dieci anni precedenti lo studio (42 individui nel 1996, 75 nel 2006), con una variazione importante nel rapporto maschi/femmine, sceso a 1:3. Secondo gli autori, dunque, sebbene nelle femmine di scimpanzé si registrino in genere livelli di aggressività più bassi, la pratica dellinfanticidio mostra che in particolari occasioni i comportamenti violenti non sono esclusivo appannaggio dei maschi. (e.m.)
17 MAGGIO 2007
Esperimento condotto in usa su cavie animali
I geni che rigenerano la pelle
Sono i geni wnt. La scoperta apre interessanti scenari per la medicina e solletica anche le speranze dei calvi
Gabriele De Palma
PHILADELPHIA (USA) Gli esperimenti condotti su cavie dai ricercatori della Pennsylvania School of Medicine di Philadelphia hanno individuato una famiglia di geni, la «wnt», come la responsabile della rigenerazione dellepidermide. La scoperta è importante più per gli sviluppi più immediati che per quelli futuri. Anche se dei risultati pubblicati su nature sembra interessare maggiormente la parte meno sicura, quella che riguarda il possibile potere degli stessi geni di stimolare la ricrescita dei capelli, o meglio dei follicoli piliferi. Ci conferma la parziale mistificazione il professor Marcello Monti, ordinario alluniversità di Milano: «Il taglio con cui è stata data le notizia è tirato per i capelli, come si suol dire. La parte più importante della ricerca è laver individuato nella famiglia wnt geni che hanno la capacità di dare istruzioni alle cellule i fattori determinanti per la rigenerazione della pelle».
LESPERIMENTO I ricercatori hanno confrontato il processo di ricostruzione della pelle delle cavie dopo averne asportato una piccola parte. I piccoli roditori erano divisi in due categorie, alcuni erano stati modificati in modo che producessero più proteine codificate dai geni wnt, gli altri erano come natura crea. Le cavie manipolate hanno reagito meglio e la loro pelle si è rigenerata più velocemente e con una maggiore concentrazione di follicoli piliferi. I ricercatori hanno quindi dedotto che le proteine codificate dai geni wnt hanno il potere di rigenerare la cute, compresi i follicoli. Se per lo sviluppo di soluzioni per la cicatrizzazione e la rinascita dellepidermide è decisamente una buona notizia, lo è un po meno per la ricrescita dei capelli. «I topi sono animali da pelliccia ammonisce Monti non è così scontato né corretto equiparare lattività pilifera di un animale da pelliccia con quella umana. In passato si sono già verificati errori di questo genere e diversi studi condotti sui topi non sono stati confermati sugli esseri umani».
NESSUNA POZIONE IN ARRIVO Nonostante i progressi che questa scoperta abiliterà, la via della ricerca è ancora lunga prima che si possa giungere a un qualsiasi prodotto o terapia per gli esseri umani. I primi risultati dovrebbero venire comunque nellambito delle terapie per la ricostruzione della pelle, il che non è certo poca cosa e ha un grado durgenza maggiore (basti pensare alle ustioni, o alle cicatrici post-operatorie) della calvizie.
Animalieanimali
18 MAGGIO 2007
LondraVia libera a embrioni-chimera per ricerca
Il governo britannico ha deciso di dare il via libera alla creazione di embrioni-chimera a scopo di ricerca. L'utilizzo di tali embrioni, composti per il 99,9% da materiale genetico umano e per lo 0,1% di materiale animale, sara' tuttavia permesso soltanto per le ricerche su gravi malattie e l'autorizzazione sara' concessa unicamente caso per caso.Il progetto di legge permette di ottenere in laboratorio embrioni umani utilizzando una o piu' cellule animali. I veri ibridi uomo-animale, creati dalla fusione di spermatozoi e ovociti, restano illegali.La scelta di usare ovuli animali, e' stato detto, e' nata dalla scarsita' di ovuli umani residui dai trattamenti di fertilizzazione in vitro. Da questi embrioni verrebbero tratte le cellule staminali che potrebbero curare gravi malattie, come l'Alzheimer e il morbo di Parkinson.(ANSA)
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18 MAGGIO 2007
Scoperte proteine che fanno rinascere i peli
Sono prodotte per riparare lesioni cutanee e inducono la produzione di staminali follicolari che generano nuovi follicoli piliferi
Dall'Università della Pennsylvania arriva la scoperta di alcune proteine che fanno ricrescere i bulbi piliferi. Si tratta di proteine naturali che stimolano la guarigione delle lesioni cutanee. Il gruppo di ricerca autore dello studio guidato da George Cotsarelis ha scoperto che queste proteine sono in grado di rigenerare i follicoli piliferi nei topi adulti cioè nell'età in cui si riteneva impossibile la nascita di nuovi follicoli. Queste notizie fanno sperare chi soffre di calvizie ma per ora questo potere è stato dimostrato solo su topi di laboratorio. Le proteine scoperte, chiamate Wnt, collaborano durante lo sviluppo del follicolo pilifero nello stato embrionale e lo studio ha dimostrato che la pelle, se lesionata, può ritornare al suo stato embrionale e ricominciare a produrre peli grazie all'intervento di queste proteine.Gli scienziati hanno provocato delle lesioni di circa 2 cm quadrati sul dorso dei topi e poi hanno osservato il normale processo di guarigione. Dopo alcuni giorni, al centro dell'area lesionata, apparivano dei peli del tutto nuovi dal punto di vista molecolare. Se si esponeva la ferita alle proteine Wnt, questa crescita veniva aumentata o rallentata. Al centro di questo processo rigenerativo, vi è l'azione delle proteine Wnt che inducono la produzione di cellule staminali follicolari che migrano verso la ferita dove riescono a generare nuovi follicoli. Bloccando invece l'azione delle proteine si causava un'interruzione della nascita del bulbo. Dopo aver ottenuto la nascita di nuovi follicoli, i ricercatori hanno aumentato la concentrazione di proteine Wnt e, in questo modo, hanno osservato la nascita di un numero quasi doppio di bulbi. Secondo gli scienziati le proprietà rigenerative della pelle non erano mai state scoperte forse perché suture e bendaggi usate per curare ferite, ostacolano la naturale ricrescita del pelo.Questa scoperta è importante, oltre che per eventuali risvolti medici, è importante perchè abbatte un fondamento della biologia secondo cui i mammiferi non possiedono grandi poteri rigenerativi al contrario di altre classi di animali come gli anfibi. Il follicolo pilifero dei mammiferi è una specie di "mini-organo" che si sviluppa a livello embrionale e finora si pensava che la sua perdita nell'età adulta fosse una condizione irreversibile. Questa scoperta però cambia tutto. Cotsarelis spiega: "la ferita può riaprire una 'finestra embrionale' di opportunità per l'organismo adulto in cui le cellule staminali si comportano come durante lo sviluppo embrionale e rigenerano i follicoli piliferi."Inoltre gli scienziati che hanno lavorato a questo studio, hanno osservato che aumentando la quantità delle proteine Wnt è possibile facilitare la guarigione della ferita senza che si formino cicatrici e stimolare la formazione di nuove ghiandole sebacee e follicoli piliferi. Se si riuscisse a comprendere a pieno i meccanismi che regolano questo processo, in futuro potrebbe essere possibile risolvere problemi come le calvizie ma anche altri disordini come tra cui lirsutismo.George Cotsarelis è anche un consulente scientifico della società Follica Inc. a cui lUniversità della Pennsylvania ha già venduto in esclusiva la tecnica basata sulle nuove scoperte. I risultati di questo studio sono pubblicati su Nature.
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18 MAGGIO 2007
Settimana Nazionale della sclerosi multipla: inaugurato un centro di ricerca
Ha sede a Napoli il Centro di Ricerca in Alti Studi in Risonanza Magnetica sulla sclerosi multipla e patologie similari
L'AISM (Associazione italiana sclerosi multipla) ha organizzato dal 12 al 20 maggio l'ottava edizione della "Settimana Nazionale della Sclerosi Multipla" grazie anche al sostegno del Gruppo Ferrovie dello Stato. Si tratta di una serie di eventi che si svolgeranno a livello locale e nazionale: convegni e iniziative per la raccolta di fondi a sostegno della ricerca con l'obiettivo di informare e sensibilizzare i cittadini. La sclerosi multipla è una malattia molto grave del sistema nervoso centrale che colpisce giovani tra i 20 e i 30 anni e colpisce le donne con un rapporto di due a uno rispetto agli uomini. E' una malattia cronica e invalidante per la quale non esistono ancora cure e, nonostante i progressi della scienza, non se ne conoscono ancora le cause. Solo in Italia, ogni quattro ore, una persona riceve la diagnosi di sclerosi multipla.Tra le molte iniziative in programma vi è l'inaugurazione a Napoli del Centro di Ricerca in Alti Studi in Risonanza Magnetica sulla sclerosi multipla e patologie similari realizzato dalla Seconda Università di Napoli (Sun) e con i finanziamenti di FISM (Fondazione italiana sclerosi multipla) che ha stanziato per la realizzazione del progetto 2 milioni di euro. Il centro sarà il punto di riferimento per la ricerca dei Centri clinici neurologici del Sud Italia. La struttura ospita un'apparecchiatura per la risonanza magnetica all'avanguardia e un team che consentirà il progresso delle metodologie per la diagnosi, l'approfondimento dei meccanismi della patologia e la ricerca di nuove terapie efficaci. Rita Levi Montalcini, presidente onorario di AISM e FISM, ha dichiarato: ''La realizzazione di questo Centro è un contributo importante per ottenere risultati eccellenti nel campo della ricerca scientifica. La possibilità di fare ricerca all'interno di una struttura di altissimo livello come questa rappresenta il modo migliore per incentivare i nostri ricercatori a continuare i loro studi in Italia e per far rientrare tutti quelli che attualmente lavorano all'estero. La ricerca sulla sclerosi multipla ha bisogno di fondi, di cervelli dedicati, di gruppi di ricerca, di giovani impegnati ai quali dobbiamo garantire il diritto di dedicarsi alla ricerca scientifica con la certezza di essere adeguatamente supportati. E questo la Fism lo garantisce''. Grande soddisfazione anche da parte del professor Mario Alberto Battaglia, presidente della FISM: "L'apertura di questo Centro di eccellenza rappresenta un importante traguardo raggiunto dalla nostra Fondazione ed è uno dei progetti di punta del nostro programma di finanziamenti per la ricerca sulla sclerosi multipla". Oltre al finanziamento della FISM, il principale contributo ai finanziamenti per il Centro è arrivato dalla Compagnia di San Paolo. Anche l'associazione "Trenta ore per la vita" e "Neurologia '89" hanno dato il loro sostegno. Il Centro inaugurato è temporaneamente ospitato presso l'Istituto di diagnosi e cura Hermitage Capodimonte in attesa che vengano terminati i lavori presso la Seconda Università di Napoli, nello storico complesso di Sant'Andrea delle Dame. Nel Corso dell'evento è stato consegnato un premio a Stefano Pluchino, giovane ricercatore presso il San Raffaele di Milano che si è distinto negli studi sulla sclerosi multipla.Altra importante iniziativa della "Settimana Nazionale della Sclerosi Multipla" è un convegno nazionale dedicato alla ricerca durante il quale saranno illustrati tutti i risultati raggiunti negli ultimi anni da FISM e AISM. Durante tutta la settimana sarà anche potenziato il servizio del numero verde dell'AISM 800 80 30 28 raggiungibile dalle ore 8 alle 22, per dare tutte le informazioni necessarie ai cittadini. Inoltre verrà dato il via alla campagna di raccolta fondi "Un minuto alla ricerca" ideata dalla Saatchi & Saatchi: sul sito internet http://www.unminutoallaricerca.it si potranno acquistare "minuti" per sostenere la ricerca scientifica sulla sclerosi multipla. Dal 10 maggio all'8 giugno si potrà sostenere la ricerca anche inviando un sms al numero 48548 da cellulari TIM, Vodafone, Wind e 3 o chiamando lo stesso numero da rete fissa di Telecom Italia in questo modo sarà possibile donare due euro.
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18 MAGGIO 2007
Ricercatori gettano nuova luce sulla toxoplasmosi
Un'équipe di ricercatori britannici e svizzeri ha scoperto il modo in cui il parassita responsabile della toxoplasmosi invade le cellule umane. I risultati del loro studio, riportati nell'ultima edizione della rivista «EMBO», potrebbero spianare la strada a nuove strategie terapeutiche di lotta contro questa patologia.La toxoplasmosi è causata da un protozoo parassita, il Toxoplasma gondii, ed è una malattia trasmessa principalmente dai gatti e da altre specie di mammiferi. L'uomo può contrarla mangiando carne infetta non cotta, in particolare di agnello e di maiale, o attraverso il contatto con le feci dei gatti. L'organismo può essere presente anche in alcuni latticini non pastorizzati, quali il formaggio di capra, e trovarsi persino nel suolo.Sebbene, probabilmente, l'incidenza della toxoplasmosi nell'uomo non sia cambiata in misura significativa nel corso degli anni, la sensibilizzazione e le preoccupazioni su questa malattia sono aumentate. È stato stimato che circa il 50% della popolazione umana del mondo sia stata infettata dal toxoplasma e ospiti la forma cistica clinicamente non evidente. Non esiste tuttora un vaccino per prevenire l'infezione da toxoplasma o la toxoplasmosi nei gatti, negli esseri umani o in altre specie. Il rischio di infezione è motivo di preoccupazione per le donne in stato di gravidanza, dal momento che la malattia può provocare difetti nei neonatii. Nelle persone che hanno un sistema immunitario indebolito, come i pazienti affetti dall'HIV, la malattia può essere all'origine di una varietà di sintomi, tra cui ingrossamento dei linfonodi, disturbi visivi e del sistema nervoso centrale, malattie respiratorie e cardiopatie. In questi pazienti, le recidive della malattia sono comuni e il tasso di mortalità è elevato.Alcuni ricercatori dell'Imperial College di Londra e dell'Università di Ginevra hanno raccolto nuove informazioni sulla struttura atomica di una proteina chiave, chiamata TgMIC1, che viene rilasciata sulla superficie del parassita un attimo prima che questo invada le cellule ospiti nel corpo umano. È una delle prime proteine dei micronemi (MIC) ad essere stata scoperta nel T. gondii, e funziona nell'adesione delle cellule. Recenti studi hanno dimostrato che un subcomplesso TgMIC1 purificato è un potente antigene e agisce da efficace vaccino nel modello murino.I ricercatori hanno scoperto che la proteina si lega a taluni zuccheri presenti sulla superficie della cellula ospite, che aiutano il parassita ad inserirsi e a penetrare nelle cellule umane. Utilizzando un innovativo microarray a carboidrati, sono stati in grado di individuare per la prima volta gli zuccheri con i quali si lega la proteina del parassita. Grazie alla combinazione della spettroscopia NMR e di studi citologici, i ricercatori hanno potuto caratterizzare il comportamento e le interazioni tra la proteina del parassita e gli zuccheri della cellula ospite.Ciò ha fornito un'immagine dettagliata, ormai necessaria, di come il Toxoplasma gondii attacchi il suo ospite. «Comprendere i dettagli a livello atomico del modo in cui patologie come la toxoplasmosi individuano e invadono le cellule ospiti nel corpo umano è cruciale se vogliamo combatterle efficacemente», ha dichiarato Steve Matthews, docente della Divisione di bioscienze molecolari dell'Imperial College di Londra e coautore della relazione.«Ora sappiamo che l'invasione della cellula è favorita da un'interazione chiave fra una proteina presente sulla superficie del parassita e gli zuccheri contenuti nella cellula umana, perciò possiamo sviluppare terapie che siano mirate a distruggere questo meccanismo, ostacolando così l'insorgere dell'infezione», ha aggiunto.
MOLECULARLAB
18 MAGGIO 2007
Nuovo studio mostra come il cervello si adatta all'esposizione alla nicotina
Alcuni ricercatori europei hanno gettato nuova luce sul modo in cui il cervello si adatta a lunghi periodi di esposizione alla nicotina e su come esso reagisce in mancanza di tale sostanza.Il lavoro, che ha riunito ricercatori del Centro nazionale francese per la ricerca scientifica (CNRS) e dell'Istituto svedese Karolinska, è stato pubblicato on line sulla rivista «Proceedings of the National Academy of Sciences» (PNAS).La nicotina causa dipendenza quando interferisce con i centri della ricompensa legandosi ai recettori dell'acetilcolina nicotinica. Questi recettori sono costituiti da cinque sottounità, le quali sono suddivise in 10 tipi. Tutti i recettori vengono attivati dal neurotrasmettitore acetilcolina, come pure dalla nicotina. Tuttavia, questi diversi tipi di recettori potrebbero avere funzioni fisiologiche diverse e quindi rappresentare bersagli farmacologici distinti.Lo scorso anno i ricercatori del CNRS hanno dimostrato che la sottounità beta2 e probabilmente anche la sottounità alpha7 sono coinvolte nell'attivazione del sistema di ricompensa del cervello in seguito alla somministrazione di una forte dose di nicotina. Con quest'ultima ricerca gli scienziati intendevano scoprire come i recettori si comportavano quando venivano esposti alla nicotina a lungo termine. Nell'arco di varie settimane è stata somministrata nicotina ad alcuni topi, in modo che i livelli della sostanza nel plasma sanguigno raggiungessero approssimativamente quelli riscontrati nei fumatori e in quantità sufficienti da provocare i sintomi dell'astinenza.Raffrontando i topi normali con i topi che non presentavano il recettore beta2, i ricercatori hanno scoperto che i recettori beta2 e alpha7 agsicono per mantenere un equilibrio quando il cervello è esposto alla nicotina per molto tempo. D'altro canto, se esposti alla nicotina, i recettori beta2 vengono desensibilizzati e diventano inattivi. Questo però viene controbilanciato da un adattamento dei circuiti neuronali con i recettori alpha7.«In sintesi, i dati ottenuti nei topi dimostrano la presenza di un equilibrio funzionale tra i sottotipi di recettori nicotinici che può presentarsi anche nei fumatori esposti alla nicotina», scrivono i ricercatori. I risultati della ricerca portano a concludere che i ricercatori che sviluppano farmaci per aiutare i fumatori a smettere di fumare dovranno tenere conto di entrambi i tipi di recettori.I risultati sono anche rilevanti per le malattie che coinvolgono i recettori nicotinici. «Questo è il caso della schizofrenia», ha spiegato Philippe Faure del CNRS, coautore della relazione. «Le persone che sono state curate a causa di questa malattia fumano molto di più rispetto al resto della popolazione e alcune di esse credono che il fumo potrebbe essere una forma di automedicazione. Questo fenomeno potrebbe essere dovuto all'azione di un meccanismo di compensazione collegato ai recettori alpha7».Altre malattie che colpiscono i recettori nicotinici comprendono il morbo di Alzheimer, il disturbo da deficit dell'attenzione con iperattività (ADHD) e l'autismo. «Queste malattie rappresentano target eccezionali per le azioni croniche dei nuovi farmaci nicotinici», hanno concluso i ricercatori.
GALILEO
18 MAGGIO 2007
Anche le femmine uccidono
Linfanticidio non è una prerogativa maschile. Ma un mezzo per salvaguardare la disponibilità di risorse alimentari. Uno studio scozzese
Finora era stato considerato un comportamento patologico, cioè legato a un disturbo mentale. E soprattutto, esibito quasi esclusivamente dagli individui di sesso maschile. In realtà linfanticidio diffuso in diverse specie di primati, tra cui quella umana sembra avere una spiegazione diversa, almeno tra gli scimpanzé allo stato selvatico. Uccidere i piccoli delle femmine rivali, hanno dimostrato Simon Townsend, Katie Slocombe dellUniversità scozzese di St. Andrews, insieme al Budongo Forest Project, in Uganda, non è un atto inconsulto di qualche maschio impazzito. E invece una strategia freddamente calcolata, messa in atto dalle femmine, per ridurre gli effetti della sovrappopolazione. La ricerca, i cui risultati sono stati pubblicati il 15 maggio su Current Biology, è stata condotta sulla comunità Sonso, nella foresta di Budongo. Nel corso delle osservazioni dei diversi esemplari, gli studiosi hanno notato tre infanticidi messi in atto da femmine. In due casi, lattacco era stato perpetrato da alcune femmine della comunità nei confronti di femmine estranee, cioè non appartenenti allo stesso gruppo. I piccoli erano stati strappati alle madri, ferite nel corso dellaggressione, e uccisi. In almeno un caso, sottolineano i ricercatori, i maschi presenti alla scena avevano cercato di fermare, senza successo, le femmine responsabili dellattacco. Non di comportamenti patologici isolati, dunque, si tratterebbe, né di un sottoprodotto dellaggressività maschile. Bensì ipotizzano gli scozzesi di una parte integrante del comportamento femminile in questa specie, risultato della pressione demografica, e dunque figlio della competizione per salvaguardare le risorse alimentari. In effetti, la comunità di Sonso aveva registrato un significativo incremento della popolazione nei dieci anni precedenti lo studio (42 individui nel 1996, 75 nel 2006), con una variazione importante nel rapporto maschi/femmine, sceso a 1:3. Secondo gli autori, dunque, sebbene nelle femmine di scimpanzé si registrino in genere livelli di aggressività più bassi, la pratica dellinfanticidio mostra che in particolari occasioni i comportamenti violenti non sono esclusivo appannaggio dei maschi. (e.m.)
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